Trasferimento ex legge 104: il diniego della PA è legittimo
7 lug 2022 Il diritto di scelta del lavoratore della sede più vicina al domicilio della persona invalida da assistere non è un diritto soggettivo assoluto e illimitato ma è assoggettato al potere organizzativo dell’Amministrazione che, in base alle proprie esigenze organizzative, potrà rendere il posto disponibile tramite un provvedimento di copertura del posto vacante, alla luce del necessario bilanciamento degli interessi in conflitto (Corte di Cassazione, Ordinanza 27 giugno 2022 – n. 20523).
Il principio è stato sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza di rigetto del ricorso proposto da un ispettore tecnico, dipendente del Ministero del Lavoro, avverso la sentenza d’appello che aveva respinto la domanda dello stesso volta a fare accertare il diritto a ottenere, ai sensi dell’art. 33, co. 5, legge n. 104/1992, il trasferimento presso la Direzione provinciale del lavoro di Foggia, per poter assistere la madre portatrice di handicap grave.
La Suprema Corte ha fatto propria l’interpretazione dell’art. 33, co. 5, L. n. 104/1992 operata dalla Corte distrettuale, ribadendo l’orientamento in base al quale il diritto di scelta della sede più vicina al domicilio della persona invalida da assistere non è un diritto assoluto e illimitato ma è assoggettato al potere organizzativo dell’Amministrazione che, in base alle proprie esigenze organizzative, potrà rendere il posto disponibile tramite un provvedimento di copertura del posto vacante, alla luce del necessario bilanciamento degli interessi in conflitto, ossia l’interesse al trasferimento del dipendente e l’interesse economicoorganizzativo del datore di lavoro.
I Giudici di legittimità, inoltre, hanno precisato che il diritto di scelta non può ledere le esigenze economiche, produttive od organizzative del datore di lavoro e, soprattutto nei casi di rapporto di lavoro pubblico, non può tradursi in un danno per l’interesse della collettività.
Dunque, in caso di trasferimento a domanda, l’esigenza familiare è di regola recessiva rispetto a quella di servizio, essendo necessario, per scongiurare un danno alla collettività, garantire la copertura e la continuità del servizio stesso, oltre che la stessa funzionalità della sede di origine, piuttosto che valutare l’impatto sulla sede rispetto alla quale è fatta richiesta.
In conclusione, la vacanza del posto è condizione necessaria ma non sufficiente, in quanto l’Amministrazione resta libera di decidere se coprire una data vacanza oppure privilegiare altre soluzioni e le sue decisioni devono sempre rispettare i principi costituzionali d’imparzialità e di buon andamento, dovendo rispondere a finalità ed esigenze che prescindono dall’interesse del lavoratore e che, invece, vanno contemperate anche con l’interesse alla corretta gestione della finanza pubblica.
Ebbene, nel caso in argomento, come accertato dai giudici di merito, in primo luogo, presso gli uffici giudiziari richiesti dal lavoratore non vi erano posti disponibili, in secondo luogo, l’interesse dell’Amministrazione a non depotenziare la sede di Roma, dove lo stesso prestava all’epoca servizio, doveva ritenersi prevalente.